Conversazione con Pietro Montaldo— Lettura in 8 Min
Storia di The Social Post tra i trenta quotidiani online più letti in Italia
Conversazione con Pietro Montaldo — Lettura in 8 Min
Storia di The Social Post tra i trenta quotidiani online più letti in Italia
Conversazione con Pietro Montaldo, amministratore delegato di Third Floor, gruppo editoriale indipendente che conta due testate giornalistiche registrate, tra cui The Social Post, e svariati blog tematici. Montaldo ci racconta la nascita del progetto, rivelando anche le problematiche incontrate, come per esempio il cambio dell’algoritmo di Facebook che a sorpresa ha decretato una consistente diminuzione di visibilità per i quotidiani, con conseguente calo di traffico anche per Third Floor. Il gruppo ha allora concentrato i suoi investimenti su Google, grazie al supporto di Natural Index. Ad oggi The Social Post è tra i trenta quotidiani più letti online, grazie all’entrata del giornale in Google News.
Conversazione con Pietro Montaldo, amministratore delegato di Third Floor, gruppo editoriale indipendente che conta due testate giornalistiche registrate, tra cui The Social Post, e svariati blog tematici. Montaldo ci racconta la nascita del progetto, rivelando anche le problematiche incontrate, come per esempio il cambio dell’algoritmo di Facebook che a sorpresa ha decretato una consistente diminuzione di visibilità per i quotidiani, con conseguente calo di traffico anche per Third Floor. Il gruppo ha allora concentrato i suoi investimenti su Google, grazie al supporto di Natural Index. Ad oggi The Social Post è tra i trenta quotidiani più letti online, grazie all’entrata del giornale in Google News.
Ciao Pietro, ci racconti un po’ di te?
Ho un background molto pratico e poco accademico. A diciannove anni lavoravo già al progetto che poi sarebbe diventato Third Floor. Mi sono dunque formato sul campo. Sono partito creando i primi contenuti in prima persona, occupandomi anche del copywriting e delle campagne di marketing. Adesso il ruolo è più gestionale ed è diventato trasversale su più fronti, ma rimango sempre appassionato rispetto alle tecniche di comunicazione e alla comprensione del funzionamento degli algoritmi delle grandi piattaforme.
Come ti è venuta l’idea di Third Floor?
È nata come startup incubata dall’agenzia digital dove lavoravo. Eravamo nel 2013 e il progetto è nato per sfruttare in modo redditizio le mie capacità di social media marketing, più che per creare contenuti. Il giornale così come lo vedi adesso è arrivato solo in un secondo momento. All’inizio abbiamo lanciato dei blog di settore, in italiano ma anche in altre lingue europee, ed è stato un bel successo in quanto siamo stati bravi a combinare la nostra abilità e conoscenza di marketing e con la capacità di creare contenuti virali.
Ah quindi è partito tutto dai blog…
Esatto. Sono stati i blog a darci visibilità e linfa vitale! Poi, in un secondo momento, ci siamo strutturati e rafforzati a livello societario, fino a diventare sufficientemente solidi da creare un vero e proprio giornale: The Social Post, che nasce con l’ambizione di diventare un punto di riferimento dell’informazione, soprattutto sui social.
A dire dai numeri che avete su Facebook direi che siete sulla buona strada…
In pochi anni abbiamo raggiunto 3.8 milioni di followers. Al momento, ci posizioniamo tra le prime testate sui social. Ma vogliamo crescere ancora e ritagliarci uno spazio tra i big italiani.
Quante persone lavorano oggi a Third Floor, e che tu ruolo ricopri?
Io sono amministratore unico. A causa del COVID c’è stato un ridimensionamento del personale: eravamo diciotto, ora siamo quattordici. Come gran parte dei settori, anche noi siamo stati colpiti dalla pandemia. Lavoriamo anche con alcuni collaboratori esterni, soprattutto sul fronte tecnico. Al momento siamo in una fase di transizione…
In che senso?
Giustamente hai menzionato gli ottimi numeri che registriamo su Facebook. Beh, in seguito ad alcuni aggiornamenti del social abbiamo capito a nostre spese l’importanza della multicanalità. È bastato che Facebook facesse dei cambiamenti/aggiornamenti per “creare danni”. Quando, nel 2017, Facebook ha modificato il suo algoritmo tagliando il traffico a tutti i giornali la situazione per noi si è fatta complicata. Praticamente il 90% del traffico registrato sul sito veniva da Facebook, social media da cui eravamo troppo dipendenti.
Quindi che avete fatto?
Abbiamo fatto ciò che avevamo dimenticato di fare: abbiamo puntato anche su Google. L’entrata in G-News ha per noi decretato un gran salto di qualità anche se devo ammettere che ancora non abbiamo raggiunto la stabilità auspicata.
In che senso l’entrata in G-News ha fatto la differenza?
Quando siamo entrati in G-News abbiamo fatto degli ottimi numeri per alcuni mesi, essere nel carousel di risultati Google consente sicuramente di avere molta visibilità. Poi però anche Google ha eseguito degli update che si sono tradotti in un sali-e-scendi di traffico…
Ciao Pietro, ci racconti un po’ di te?
Ho un background molto pratico e poco accademico. A diciannove anni lavoravo già al progetto che poi sarebbe diventato Third Floor. Mi sono dunque formato sul campo. Sono partito creando i primi contenuti in prima persona, occupandomi anche del copywriting e delle campagne di marketing. Adesso il ruolo è più gestionale ed è diventato trasversale su più fronti, ma rimango sempre appassionato rispetto alle tecniche di comunicazione e alla comprensione del funzionamento degli algoritmi delle grandi piattaforme.
Come ti è venuta l’idea di Third Floor?
È nata come startup incubata dall’agenzia digital dove lavoravo. Eravamo nel 2013 e il progetto è nato per sfruttare in modo redditizio le mie capacità di social media marketing, più che per creare contenuti. Il giornale così come lo vedi adesso è arrivato solo in un secondo momento. All’inizio abbiamo lanciato dei blog di settore, in italiano ma anche in altre lingue europee, ed è stato un bel successo in quanto siamo stati bravi a combinare la nostra abilità e conoscenza di marketing e con la capacità di creare contenuti virali.
Ah quindi è partito tutto dai blog…
Esatto. Sono stati i blog a darci visibilità e linfa vitale! Poi, in un secondo momento, ci siamo strutturati e rafforzati a livello societario, fino a diventare sufficientemente solidi da creare un vero e proprio giornale: The Social Post, che nasce con l’ambizione di diventare un punto di riferimento dell’informazione, soprattutto sui social.
A dire dai numeri che avete su Facebook direi che siete sulla buona strada…
In pochi anni abbiamo raggiunto 3.8 milioni di followers. Al momento, ci posizioniamo tra le prime testate sui social. Ma vogliamo crescere ancora e ritagliarci uno spazio tra i big italiani.
Quante persone lavorano oggi a Third Floor, e che tu ruolo ricopri?
Io sono amministratore unico. A causa del COVID c’è stato un ridimensionamento del personale: eravamo diciotto, ora siamo quattordici. Come gran parte dei settori, anche noi siamo stati colpiti dalla pandemia. Lavoriamo anche con alcuni collaboratori esterni, soprattutto sul fronte tecnico. Al momento siamo in una fase di transizione…
In che senso?
Giustamente hai menzionato gli ottimi numeri che registriamo su Facebook. Beh, in seguito ad alcuni aggiornamenti del social abbiamo capito a nostre spese l’importanza della multicanalità. È bastato che Facebook facesse dei cambiamenti/aggiornamenti per “creare danni”. Quando, nel 2017, Facebook ha modificato il suo algoritmo tagliando il traffico a tutti i giornali la situazione per noi si è fatta complicata. Praticamente il 90% del traffico registrato sul sito veniva da Facebook, social media da cui eravamo troppo dipendenti.
Quindi che avete fatto?
Abbiamo fatto ciò che avevamo dimenticato di fare: abbiamo puntato anche su Google. L’entrata in G-News ha per noi decretato un gran salto di qualità anche se devo ammettere che ancora non abbiamo raggiunto la stabilità auspicata.
In che senso l’entrata in G-News ha fatto la differenza?
Quando siamo entrati in G-News abbiamo fatto degli ottimi numeri per alcuni mesi, essere nel carousel di risultati Google consente sicuramente di avere molta visibilità. Poi però anche Google ha eseguito degli update che si sono tradotti in un sali-e-scendi di traffico…
Avete subito penalizzazioni?
Fortunatamente no, ma ci siamo resi conto che per essere realmente competitivi si deve essere preparati anche dal punto di vista tecnico e non solo contenutistico. Noi sul lato tecnico avevamo chiaramente bisogno di supporto, e quindi ci siamo rivolti a Natural Index. Insieme a voi abbiamo lavorato al nuovo portale che è andato live quest’estate e che è finalmente in linea con tutti i parametri e richieste di Google. Insomma, siamo sulla strada giusta.
Era la prima volta che vi affidavate a dei consulenti SEO?
No, avevamo già avuto alcune collaborazioni, ma non siamo mai rimasti totalmente soddisfatti. O meglio, con i consulenti precedenti non avevamo davvero acquisito un metodo di lavoro valido per la nostra industry, ovvero l’editoria. Ora, anche grazie al contributo di Natural Index, abbiamo le idee più chiare, dal punto di vista metodologico, tecnico e redazionale.
I dati di Analytics confermano questa tua affermazione?
Non mi parlare di Analytics… Un tempo mi svegliavo e la prima cosa che guardavo era il “real time di Analytics”. Ora ho smesso, non posso far decidere il mood della giornata a Google Analytics! A parte gli scherzi, stiamo vedendo un progressivo aumento dell’esposizione su Google, anche se siamo ancora lontani dai risultati che ci siamo prefissati!
Utilizzate altri social oltre a Facebook?
Abbiamo riscontrato che il nostro pubblico-medio non usa Twitter. Su Linkedin postiamo solo contenuti originali come delle interviste esclusive o post di alta qualità. Instagram, invece, per i giornali non è una fonte di traffico così rilevante, proprio per come è stata impostata la APP che non facilita il click verso un sito esterno. I giornali, almeno in Italia, lo usano più per branding o per avere una presenza. Essendo noi una realtà ancora piccola, abbiamo preferito indirizzare gli investimenti principalmente su Facebook perché è di gran lunga il social che porta maggior traffico e di conseguenza un ritorno più immediato.
Com’è lo stato di salute dell’editoria in Italia?
Mah, l’editoria è in crisi un po’ ovunque. Il problema, non soltanto in Italia ma in tutto il mondo, è che il contenuto di qualità paga poco. Costa tanto ma attira poco. Attira di più la gallery di Belen al mare che un’analisi approfondita (che peraltro costa di più). Quindi ahimè abbiamo dovuto puntare molto su tematiche di spettacolo, cronaca e cronaca politica. Insomma flash news non troppo approfondite. Ma stiamo lavorando per creare una linea editoriale più consistente, creando dei filoni di contenuti più approfonditi ed esclusivi.
Come fate a verificare la veridicità di una news?
E’ una domanda a cui la nostra direttrice responsabile potrebbe risponderti con grande precisione. Io ti posso dire che, come la maggior parte dei giornali, anche noi ci rifacciamo alle agenzie stampa e alle fonti primarie. Controllando sempre la veridicità della fonte e seguendo la deontologia professionale. Poi ci muoviamo anche in maniera diretta, con interviste esclusive e con ricerche. Purtroppo non molti giornali fanno fact-checking. Noi SI! E dopo che il nostro modello di scrittura, ricerca e controllo delle fonti è stato analizzato, confermando che facciamo un lavoro nel pieno rispetto della deontologia, abbiamo anche conseguito la certificazione di NewsGuard.
Come fare per arginare il problema secondo te?
È sicuramente un tema delicato, perché tra controllo e censura c’è una linea molto sottile. Anche dal punto di vista tecnico in quanto è sempre necessaria un’interpretazione. Io credo che Google stia facendo il possibile ma è un mondo complesso, in continua evoluzione e per nulla facile.
State puntando su qualche filone contenutistico?
Una parte del contenuto editoriale che stiamo cercando di sviluppare riguarda l’ecologia, i diritti degli animali e la sostenibilità ambientale di cui si parla ancora troppo poco. Sono tematiche che mi stanno molto a cuore. Scriviamo articoli originali, facciamo interviste ad hoc anche grazie ai contatti diretti sviluppati negli anni con molte associazioni. Teniamo molto anche a tutta ciò che riguarda diritti sociali e civili, stiamo sviluppando delle rubriche anche in tal senso.
Quali sono i vostri prossimi passi?
A livello di numeri l’obiettivo è di entrare nei quindici principali quotidiani in Italia. Adesso siamo tra i top 30, quindi ci sono ancora posizioni da scalare. A livello aziendale dobbiamo rinforzarci e dare solidità economica al progetto, continuare a creare informazione socialmente utile, arrivando a creare un network integrato con tutti i blog di settore in modo da far fare il salto di qualità anche ai nostri blogger. Il secondo sito su cui investiremo è Momento Finanza, che da blog si è di recente elevato allo status di testata giornalistica, seguendo le orme di The Social Post.
Avete l’ambizione di passare dal digitale al cartaceo?
No, non realmente. Prima di tutto perché è un mondo che non conosco. Io mastico digital: di stampa e distribuzione non ne so nulla. Vedo che altri siti e realtà affini alla nostra hanno avuto successo creando libri o raccolte… potremmo pensare al cartaceo in questo senso.
Cos’altro?
Mi piacerebbe dedicarmi alla formazione. Già la offriamo ai nostri collaboratori, a livello giornalistico e social, e i feedback che riceviamo sono sempre molto positivi. Diventare un ente formativo a tutti gli effetti sarebbe un po’ un sogno. Inoltre, una cosa che mi ronza in testa è la possibilità di lanciare contenuti che funzionano con subscription. Poi però leggo le statistiche e non sono sicuro sia la strada giusta. In Italia siamo uno dei paesi meno propensi a pagare per l’informazione giornalistica. In Europa siamo a livello dell’Ucraina.