Conversazione con Eugenio La Teana — Lettura in 15 Min

Ecco la radio di domani: una conversazione con Eugenio La Teana, Head of Research & Development di RTL 102.5

Eugenio La Teana, Head of Research & Development di RTL 102.5, ci racconta l’evoluzione di una radio che ha fatto la storia (e che farà il futuro).

Se c’è un mezzo di comunicazione in grado di stare al passo con le imponenti trasformazioni tecnologiche e socio-economiche, è la radio. La prima tecnologia fu brevettata, com’è noto, nel lontano 1896 dal bolognese Guglielmo Marconi. Eppure, nonostante l’età veneranda, la radio continua a mostrare una straordinaria vitalità. E non ha più soltanto una dimensione radiofonica: oggi è anche radiovisione, webradio, app mobile e molto altro.

Perché alla fine la radio è soprattutto contenuto. E oggi più che mai content is king, come insegna Eugenio La Teana. Milanese, di formazione tecnico-ingegneristica, Eugenio è Head of Research & Development di RTL 102.5, membro dello steering board del WorldDAB (il forum aziendale internazionale sulla radio digitale), e country manager di Radioplayer Italia. Esperto di digitale in tutte le sue forme, Eugenio ha contribuito all’approdo di RTL 102.5 in tv, e a tutto il processo di digitalizzazione dell’azienda, che oggi può contare persino su un team interno di sviluppatori.

In questo post Eugenio ci spiega le grandi trasformazioni che RTL 102.5 – la prima radio del paese – ha vissuto negli anni, la crescente centralità dei contenuti, e l’importanza di farli trovare in Google attraverso un’accurata, certosina attività di ottimizzazione degli stessi (da qui il coinvolgimento di Natural Index). Perché nell’era del king content, la SEO è sempre più fondamentale.

Eugenio La Teana RTL 102.5

RTL 102.5 è una realtà radiofonica importante, che si è evoluta molta in questi anni, e che continua a evolvere…

Esatto. Siamo la prima radio d’Italia, ma ormai da una decina di anni non siamo più una radio. In realtà siamo un’azienda che produce contenuti. E la differenza che c’è stata in passato tra radio e televisione, con l’avvento delle nuove tecnologie, è completamente scomparsa. Noi, come gruppo, non siamo solo radio RTL 102.5, Radio Zeta e Radiofreccia… infatti nel complesso abbiamo un’offerta di tredici contenitori di contenuti. E naturalmente negli anni abbiamo anche esteso il numero di prodotti, cercando di renderli sempre più verticali, perché il mercato è diventato più strutturato. Se negli anni ’90, magari, il nazionalpopolare andava bene con quasi tutti i tipi di pubblico, oggi l’utente è diventato molto più esigente e si aspetta di trovare ciò che desidera. Ha voglia di ascoltare musica lounge in quel momento? E allora deve trovare il programma dove ascoltarla. Ama il rock? L’utente vuole la radio che trasmette rock.

L’offerta è cambiata anche perché oggi abbiamo internet.

Certo. L’offerta prima era in mano a coloro che possedevano le frequenze e potevano irradiare i loro programmi a livello nazionale. Oggi c’è internet e il panorama è del tutto diverso, perché ci sono molti più strumenti e opportunità per fare radio.

Ma non è stato solo internet a cambiare l’offerta. Fino a poco tempo fa si riteneva che la radio dovesse essere solo audio, perché la radio “ha le sue logiche di produzione di contenuti”, ha “le sue specificità” e così via. Noi abbiamo smontato questo paradigma. Ci siamo chiesti per quale ragione la radio non potesse avere una sua specificità anche in televisione. E quindi ci siamo inventati la radio-televisione, ossia la radiovisione, che essenzialmente è la possibilità di fruire del contenuto radiofonico anche sulla televisione. Ha, quindi, anche una dimensione visuale, che nella parte musicale del programma è costituita dai video, e nella parte talk sono gli speaker, magari con l’ospite in diretta, che finalmente il pubblico può vedere in faccia!

E qual è stata la ricaduta sostanziale di queste trasformazioni?

Tutti questi elementi ci hanno consentito di mettere il contenuto al centro, e di utilizzare tutte le piattaforme per dare più libertà e scelta all’utente. È la logica che mi piace definire let the user decide, consentiamogli di consumare il contenuto in base alle sue preferenze. Quindi le app, la tv, la radio, la radio digitale sono tutte piattaforme che rendono possibile all’utente di fruire dei nostri contenuti, nel modo più comodo e valido per lui.

Questa è la premessa strategica della nostra attività degli ultimi dieci anni. Adesso tutte le nostre emittenti sono radiovisioni unite in piattaforma. Tu puoi essere un fruitore di radio di tipo tradizionale, un patito del digitale o un radioascoltatore attraverso la tv… in ogni caso noi ci siamo!

Ma l’evoluzione, immagino, continua.

Certo, il nostro è un settore dove non ci si ferma mai. Perché non solo i consumatori vogliono il contenuto sul dispositivo che più apprezzano, ma vogliono anche il contenuto che più gli aggrada. Per questa ragione stiamo lavorando pure sul tema dei contenuti on-demand, dei podcast… L’utente può, ad esempio, iscriversi al podcast e ricevere il contenuto non appena è stato prodotto.

E la produzione di contenuti on-demand ha generato un’altra esigenza. Quella di far sì che i contenuti, oltre a essere prodotti, possano essere cercati e trovati con facilità (per inciso, ma immagino ne parleremo dopo, è stata questa la ragione che ci spinto a rivolgerci a Natural Index). Vedi, oggi l’ecosistema della produzione di contenuti fa sì che l’offerta sia davvero enorme. Qual è dunque la modalità che permette di crescere? È creare valore sul proprio posizionamento all’interno di internet, cioè all’interno dell’ecosistema digitale.

La SEO gioca quindi un ruolo importante.

Sì. Non è più sufficiente produrre contenuti ed essere presenti su tutte le piattaforme, oggi diventa fondamentale arricchire di metadati il contenuto prodotto e indicizzare l’offerta nei “luoghi” dove tutti gli utenti cercano. Perché la gente, se ha bisogno di qualcosa, va subito su Google. E non si può pensare che la ricerca sia orientata al brand, perché ormai la gente usa il brand solo in chiave di trust.

Ciò che è fondamentale è che se un utente cerca, non so, un contenuto sul progressive rock in Inghilterra, e una delle nostre emittenti ha un contenuto in proposito (o comunque un contenuto correlato a quell’argomento), ebbene, quel contenuto deve arrivare all’utente. La sfida è l’indicizzazione sui motori di ricerca, che oggi riguarda magari solo l’utente su Google, ma domani si tradurrà in qualcosa di diverso… ad esempio l’utente potrà chiedere allo smart speaker “mi dici che cos’era il progressive rock inglese?” e noi potremo offrirgli la risposta.

Questo è il lavoro che stiamo facendo adesso. Stiamo razionalizzando tutti i contenuti, in una logica finalizzata ad accrescere il trust nel brand. Il contenuto di qualità, che viene indicizzato e visualizzato dall’utente, diventa per RTL 102.5 una grande opportunità per essere presente in tutte le nicchie digitali, e questo crea ovviamente valore. Per noi rappresenta una priorità, specie in un mondo in cui l’utente ragiona sempre più in un’ottica “voglio ascoltare musica lounge”, e non “voglio ascoltare la tal radio”.

Quella che mi hai raccontato è una trasformazione complessa dal punto di vista, direi, anche filosofico, perché va proprio a toccare l’essenza della radio.

Sì, è stato un cambiamento radicale. Per fortuna il nostro editore è stato un grande sostenitore di questo processo, è stato il primo a cogliere l’opportunità di avere un approccio molto più innovativo e interdisciplinare, di pensare in modo diverso rispetto alla solita “tradizione” radiofonica. Alcuni pensavano, per esempio, che portare la radio in tv, mostrare gli speaker in diretta, avrebbe rovinato il fascino della radio. La seduzione della voce nasceva, secondo loro, da quest’incorporeità un po’ fumosa, e che doveva rimanere tale se non si voleva tradire (e depotenziare) la radio.

In realtà tutti conoscevano i volti degli speaker, erano già allora personaggi pubblici, per cui il ragionamento dei “tradizionalisti” non reggeva sino in fondo. In ogni caso noi siamo andati avanti, e abbiamo deciso di cambiare il paradigma. Il grande sforzo, in sintesi, è stato quello di destrutturare completamente il concetto di radio, puntando forte sul contenuto.

In tutte le sue possibili fruizioni…

Sì.

È incredibile quanto la radio sia in grado di cambiare. Si tratta pur sempre di un mezzo nato alla fine dell’Ottocento, e che in questo secolo e passa di vita è cambiato tantissimo. Più della TV, senz’altro.

Guarda, la radio è un mezzo molto più fluido rispetto della televisione. Ha delle dinamiche, sia temporali sia di produzione di contenuti, più snelle e facili. Questo le ha consentito, quindi, di velocizzare i processi di conversione. La televisione ha tempi, logiche e strutture diverse. Per fare un programma servono molti più tecnici e professionisti, la radio invece è assai più immediata. Magari ha meno “presenza scenica”, però ha la capacità di sapersi reinventare, è molto più veloce e rapida nei cambiamenti.

Certo, il grande valore aggiunto della radio è il live. Noi ora stiamo lavorando molto su tutta la dimensione on-demand, e le nuove generazioni si affidano tanto allo streaming, ma il live rimane sempre il cuore della radio. Un conto è ascoltare una voce, una canzone o una playlist, e un altro è creare un rapporto con il tuo speaker preferito, magari poter persino interagire con lui chiamandolo. La radio ha una natura molto umana: l’ascoltatore tende a identificarsi con il conduttore, la sua voce gli fa (buona) compagnia mentre viaggia, lavora, magari aspetta i clienti. Panettieri, camionisti, tassisti, commessi, hanno tutti la radio come naturale medium di riferimento.

Ma se il live è il cuore della radio, organizzare e indicizzare questi contenuti sarà sempre più importante.

Sì, organizzarli, indicizzarli e soprattutto farli trovare sarà il grande vantaggio competitivo di domani. Sarà il modo migliore per dare tangibile valore aggiunto al live, rendendo possibile l’interazione.

Ecco perché, per l’ottimizzazione, vi siete rivolti a Natural Index, specializzato proprio nella SEO naturale.

Esatto. Io pensavo al tema della SEO già da qualche anno, consapevole della centralità di un motore di ricerca come Google nella nostra vita, e delle grandi opportunità per RTL 102.5. Voglio dire: la quantità di contenuti prodotti da noi è così grande che è impossibile che tali contenuti non possano essere la risposta a delle query di ricerca, al desiderio di un utente di capire, ricevere qualcosa. Ma per fare SEO bisogna affidarsi ai professionisti, come in tutte le cose del resto. E in Natural Index ho trovato dei professionisti veri.

Sia chiaro, la SEO ha le sue logiche e i suoi tempi. Fare SEO non è come lavorare con i social media. Su Facebook, per esempio, RTL 102.5 vanta una community di un milione e settecentomila followers, e se produciamo un contenuto possiamo pubblicarlo lì per avere l’ingaggio di un tot di persone. Questa è un’attività importante, ma ovviamente è diverso il valore generato dallo strutturarsi all’interno di una ricerca organica che può essere effettuata oggi, domani o magari dopodomani. E più contenuti vengono indicizzati, più si rafforza il trust nel brand, e la possibilità di essere in qualche modo trovabili… non girando la rotellina della radio, come si è fatto per decenni, ma perché si può contare su un’identità digitale fatta di contenuti ben organizzati e correttamente esposti al pubblico (e agli spiderbot che fanno crawling del web).

Il tuo team come ha accolto questa sfida?

Bene. Del resto stiamo vivendo, come ti dicevo, un momento di grande cambiamento. E oltre al team, la persona ha accettato meglio questa sfida è stato il nostro editore, che non è un tecnologo ma ha capito perfettamente verso quali direzioni il mondo si stia muovendo.

Ovviamente non ti nego la portata della sfida. Non è facile introdurre tutte queste innovazioni in azienda, stiamo facendo un po’ di fatica. È molto difficile creare questo tipo di mentalità nei conduttori, ad esempio. Oggi i conduttori vanno in onda, fanno il loro lavoro e poi hanno finito: no, in realtà non devi solo fare la tua onda, devi poi cercare di far sì che il tuo lavoro diventi un possibile contenuto da essere riascoltato. E ci vuole una seconda capacità autorale, una seconda creatività.

Bisogna riuscire a estrarre tutto il valore.

Esatto.

Come ha preso corpo la collaborazione tra voi e Natural Index ?

Allora, c’è stata una prima collaborazione per quanto riguarda un’attività di migrazione. Noi stavamo facendo un restyling del sito, e Natural Index ci ha aiutato a fare in modo che dal vecchio sito al nuovo non si verificassero perdite di indicizzazione. Si è trattato, come puoi immaginare, di un lavoro prettamente tecnico, che loro hanno fatto bene perché possono contare su una forte competenza in quest’ambito. Ma il contributo di Natural Index è stato anche e soprattutto di formazione nei confronti della nostra redazione, dei giornalisti. Se prima scrivevano in un modo, oggi stanno iniziando a scrivere articoli, editoriali eccetera orientati all’indicizzazione. Infatti le logiche con cui si producono i contenuti e si costruiscono le pagine devono rispettare dei canoni, in modo che tali contenuti possano poi essere trovati nel migliore dei modi.

Bisogna prendere in esame gli intenti di ricerca, i volumi di ricerca, e sulla base di questo si può lavorare con maggiore efficacia. Il punto fondamentale è ricordarsi che le persone, oggi, cercano in autonomia ciò che vogliono su Google. Partendo da questo dato di fatto, bisogna farsi trovare, non basta avere una copertura capillare in FM. L’indicizzazione è strategica, è paragonabile a costruire un grande podcast.

Il lavoro che state facendo ha una dimensione culturale importante, dunque.

Certo. È una contaminazione tra culture, ed è un’attività di strategia, nel senso che con Natural Index cerchiamo di capire dove possiamo migliorare. È una collaborazione, diciamo, piuttosto ampia. E ovviamente comporta una formazione su di noi, a partire da me, che non sono un esperto di ottimizzazione.

Da tecnologo pensi che le aziende italiane sottovalutino il tema dell’ottimizzazione?

Le grandi realtà, i grandi gruppi sono consapevoli della sua importanza. Ma in generale no, non credo sia compresa sino in fondo la sua centralità. E prima si inizia a capire questa cosa, meglio è, perché la SEO non ha orizzonti temporali brevi: è un processo lungo e profondo.

Come immagini la radio del futuro, Eugenio?

Non la immagino troppo diversa dalla radio di oggi. Alla fine siamo umani e nella sostanza la radio di oggi è uguale a quella di cinquanta o cento anni fa. Ovviamente c’è stato un grande processo di evoluzione tecnologica, ad esempio in termini di qualità del suono, e ci sono stati molti cambiamenti culturali (pensa soltanto a cos’erano le canzoni ai tempi dei nostri nonni e cosa sono quelle ascoltate oggi); tuttavia nella sostanza rimane un mezzo con cui gli esseri umani comunicano con altri esseri umani. Un mezzo che, voglio sperare, continuerà a essere fatto da uomini e donne con passione e impegno. Non voglio immaginare un robot che funga da speaker [ride], anche se sperimentazioni in tal senso sono state fatte.

Di sicuro la radio diventerà un po’ più personale. La mia è solo un’ipotesi, ma forse sarà una radio customizzata, diversa a seconda dell’ascoltatore e delle sue preferenze. Certo, una cosa del genere potrebbe andare a intaccare l’idea di comunità che c’è dietro la radio. Comunità che i servizi di streaming tanto amati dai giovanissimi non hanno: sono puro intrattenimento personale. Ovviamente la sfida della radio del futuro sarà quella di trovare un equilibrio tra la naturalezza della radio, di questo mezzo di comunicazione fatto di uomini e donne, pensieri, parole, musica, e le nuove necessità del pubblico.

La radio è sempre stata il mezzo di chi guida, come ricordavi prima anche tu: dei tassisti, dei camionisti, dei pendolari… Ma domani ci saranno le auto a guida autonoma. Come potrebbe impattare un cambiamento del genere sulla radio?

Potrebbe essere un problema, la radio potrebbe perdere un po’ del suo appeal. Ma è anche vero che potrebbero ridarle vitalità i contenuti multimediali, che acquisiranno una maggiore centralità. Di certo le aziende del settore dovranno cambiare. Immagino una radio fatta al 70% da sviluppatori e ingegneri, al 30% da speaker, giornalisti e creativi: un paradigma del tutto diverso da quello di oggi, dove tecnologi ed esperti di innovazione sono, in ogni azienda, una esigua minoranza, e tutti gli altri lavorano nella parte editoriale.

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